Accoglienza migranti e caporalato agricolo – Alba Siciliana: «Nelle guerre tra schiavi, da che parte stanno i sindacati?»

migrants-europe

L’annuncio riguardante i licenziamenti al Cara di Mineo, ha innescato la mobilitazione sindacale; in prima fila, la storica sigla della Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori (Cgil). È scesa in campo per difendere il posto a tempo indeterminato degli operatori dell’accoglienza ai richiedenti asilo: sono oltre trecento unità e temono che nel traslocare dalla vecchia alla nuova gestione, qualcuno si perda per strada e nel nuovo regime ci si ritrovi con un centinaio di posti in meno. D’altra parte, è prevista una riduzione del numero degli ospiti: quasi dimezzati dalle punte di quattromila al limite di duemilaquattrocento; inevitabilmente ne derivano esuberi nel sistema dei servizi interni. Tra l’altro non sembra esserci modo di coprire i costi della manodopera non strettamente necessaria, visto che nel frattempo si sono anche ridotte della metà le somme erogate dallo Stato per ciascun richiedente asilo su base giornaliera. Meno soldi, meno migranti, perciò un Cara come l’abbiamo conosciuto finora è sovradimensionato.
Ma il Cara di Mineo, oltre a essere visto dal sindacato come una fonte occupazionale tanto preziosa, esiste per altri scopi, dovrebbe svolgere delle funzioni sulle quali non sono mancate critiche nel corso degli anni. Da molte parti, è stato dichiarato un fallimento come modello di accoglienza, visto che non è riuscito a svolgere una qualche forma di integrazione, nonostante i lunghi tempi di permanenza dei richiedenti asilo – anche anni. Le persone arrivate da varie parti del mondo hanno ben altre aspirazioni, che rimanere segregati in un contesto artificiale e privo di prospettive per il loro futuro e vivono molto male l’impossibilità di andare altrove a cercare fortuna. Da quando è stato aperto nel 2011, i gravi disagi prodotti dagli ospiti che senza alcun controllo si sono disseminati nei dintorni e fino alla metropoli catanese, non hanno certo favorito l’instaurarsi di un buon rapporto con i residenti; è stato messo seriamente a rischio lo spirito di accoglienza che da sempre alberga nel cuore dei siciliani, causando invece reazioni esasperate che inevitabilmente si incanalano verso l’intolleranza contro gli stranieri.
Tra il Cara di Mineo e il caporalato agricolo esiste un legame strettissimo: come ha mostrato l’inchiesta sul campo di “Filiera Sporca” nel 2016, il Centro per richiedenti asilo più grande d’Europa fornisce giornalmente centinaia di braccia alle aziende agricole della Piana di Catania; il costo del lavoro è molto basso, anche cinque euro al giorno, una concorrenza imbattibile perché la garanzia del vitto e dell’alloggio riduce i costi vitali: sono pochi soldi ma tutti guadagnati… detratta la quota spettante al caporale che ha messo insieme la squadra. Leone Venticinque, reggente di Alba Siciliana, pone alcuni interrogativi: «Nelle sue battaglie contro la piaga del caporalato per i diritti dei braccianti agricoli, la Cgil si è resa conto che il Cara di Mineo è parte in causa del problema? Quel centro è nato per fronteggiare un’emergenza umanitaria; difenderne a ogni costo l’esistenza in quanto risorsa occupazionale, significa forse augurarsi che la disperazione dell’Africa sia inesauribile e continui senza sosta a fornire carne umana per alimentare il mercato dell’accoglienza e quello del lavoro nero? Non sono bastate le inchieste giudiziarie sul coinvolgimento di politici e cooperative in una specie di associazione a delinquere su scala nazionale per il controllo degli appalti e dei servizi? Si è chiesta la Cgil, come sono avvenute le assunzioni di quei lavoratori che oggi vuole difendere? Il voto di scambio a beneficio del ministro scafista Angelino Alfano e del suo partito è un dato che fa riflettere. Se il sindacato tace e continua a tenere i piedi in due staffe, c’è il rischio di alimentare una guerra tra schiavi, perché tali sono sia i migranti economici che arrivano qui, sia coloro i quali si sono sottomessi al sistema mafioso del collocamento nel Terzo Settore per lavorare al Cara: vengono pagati con denaro pubblico ma sono gestiti da soggetti privati, che – secondo le accuse processuali – offrono poi i pacchetti di voti al candidato politico compiacente, dal quale riceveranno nuovi appalti in un giro di illegalità senza fine. Ci auguriamo che la posizione della Cgil venga chiarita al più presto e una volta per tutte, così da sgomberare il campo da ogni ambiguità; le contorsioni del sindacato non sono un bello spettacolo né per i suoi iscritti, né per l’opinione pubblica.»

Lascia un commento